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Deal Contingent Hedging

  1. Cosa è e a Cosa Serve



Autore: Federico Bellanti

11 Febbraio 2024

Cosa è un'operazione Deal Contingent...

Operazioni di Deal Contingent Hedging, nelle varie forme che queste possono prendere (Deal Contingent Forward, Deal Contingent Swap, etc.) posseggono una caratteristica molto interessante, che puo' diventare utile in alcune circostanze particolari.


Come in tutte le operazioni in derivati, anche qui c’è un acquirente e un venditore, c’è un sottostante (un cambio FX, un tasso di interesse, etc.) e un prezzo (un cambio o un tasso) concordato tra le parti. Fin qui nulla di speciale.

La caratteristica speciale del DCH risiede però nel fatto che questo accordo verrà meno, e quindi non produrrà alcun obbligo reciproco tra le parti, nel caso in cui una circostanza "esterna", ritenuta inizialmente altamente probabile, non dovesse però materializzarsi entro una determinata tempistica.


Il caso più semplice cui pensare è quello di un'acquisizione cross border, soggetta magari a un'autorizzazione dell’Autorità competente (Antitrust, per esempio): in genere tra il momento in cui acquirente e venditore raggiungono un accordo e il momento in qui si perfeziona il trasferimento azionario, passano di norma molti mesi, e in questo periodo di tempo le oscillazioni del tasso di cambio potrebbero rendere il prezzo di acquisto proibitivo o comunque non più compatibile con i piani finanziari dell'acquirente, o con la sua capacità di ottenere funding a sufficienza e a condizioni ragionevoli.


Per fronteggiare tale rischio, la società acquirente potrebbe semplicemente acquistare la divisa estera a termine, con un contratto forward tradizionale, ma così facendo si esporrebbe al rischio di perdere il sottostante se per qualche motivo la transazione naufragasse (magari proprio per diniego dell'approvazione dell'Antitrust) e vedere quel contratto forward trasformarsi in una pura operazione speculativa, con profitti o perdite (mark-to-market) anche estremamente rilevanti.


In alternativa al classico forward la società acquirente potrebbe semplicemente pagare il premio per acquistare un'opzione call sulla divisa estera, evitando così l'ipotesi più funesta nel caso in cui l'acquisizione fallisse: a parte il costo elevato di questa alternativa, rimane il fatto che tale costo non potrebbe essere recuperato nel caso in cui l'operazione sottostante saltasse. Inoltre, per acquisizioni con elevata probabilità di successo, noto in genere una certa riluttanza a spendere ulteriori somme, non banali, per garantirsi un certo tasso di cambio.

...e a Cosa Serve

È qui che può venirci in soccorso il Deal Contingent Hedging (nell'esempio descritto sarebbe un Deal Contingent Forward): semplificando al massimo, l'accordo con la banca stabilirebbe che, a fronte di un prezzo leggermente più elevato rispetto ad un forward tradizionale, gli obblighi reciproci terminano se l'accordo sottostante non si perfeziona per cause non imputabili alle parti. Se quindi l'operazione di acquisizione "va in porto" come previsto, il forward ci garantirà il tasso di cambio pre-concordato; se al contrario dovesse "andare a monte", non ci si dovrà preoccupare del mark-to-market dell'operazione FX, in quanto questa semplicemente... "sparisce".


Ma i Deal Contingent non vedono il loro ambito di applicazione limitato al solo rischio FX: nell’esempio precedente, infatti, la società acquirente potrebbe aver negoziato un financial package per un’acquisizione con leva finanziaria. E potrebbero esserci valide ragioni per ritenere desiderabile la fissazione del tasso di interesse di riferimento fin da subito, negoziando un tasso fisso per l’intera durata del finanziamento, che potrebbe ben avere durate superiori ai 3-5 anni. 


Anche in questo caso si ripropone lo stesso dilemma: muoversi in anticipo con uno swap di tassi tradizionale ci espone al rischio di mark-to-market se l’operazione sottostante fallisse; muoversi troppo tardi (cioe’ dopo che il trasferimento azionario e’ felicemente completato) significa lasciare il piano finanziario a rischio di vedere gli oneri finanziari salire a dismisura se nel frattempo i tassi di mercato fossero saliti (e abbiamo esperienza molto recente di come i tassi di interesse possano muoversi violentemente al rialzo nell’arco di pochi mesi). 


L’alternativa ulteriore potrebbe ancora una volta essere data dal Deal Contingent Hedging (un Deal Contingent Swap, in questo caso), in cui l’efficacia dello swap fisso-variabile è condizionata al successo dell’operazione sottostante.


Ambiti di Applicazione

E le operazioni di M&A non rappresentano l’unico campo in cui il DCH può rivelarsi un utile strumento di risk management: situazioni similari possono per esempio verificarsi durante le fasi di negoziazione di un Project Financing.

In un PF, lo sponsor è tenuto a verificare tutta una serie di condizioni, non sempre sotto il suo pieno controllo, prima di aver accesso alle varie tranches di finanziamento da parte delle banche. Ad esempio possono esserci Conditions Precedent che richiedono l’ottenimento di certificati di idoneità ambientale o il rilascio di concessioni governative per lo svolgimento di attività soggette a regolamento pubblico.


Le operazioni di PF spesso sono di dimensioni notevoli e, ancora più spesso, la durata dei finanziamenti supera i 10-15 anni. Se uniamo queste considerazioni al fatto che i costi finanziari dovranno mantenersi all’interno di valori ben definiti durante tutta la vita del progetto, ci rendiamo conto di come sia talvolta essenziale assicurare un tasso fisso ad almeno una parte di tale pacchetto finanziario. 

E qui torniamo alle stesse considerazioni svolte prima con riferimento ad operazioni di M&A. Non anticipiamo la gestione del rischio e semplicemente attendiamo il completamento delle CPs? Oppure negoziamo uno swap tradizionale con il rischio di dover poi liquidare MtM elevati nel caso l’operazione non vada in porto? Abbiamo anche qui in teoria la possibilità di considerare un Deal Contingent Swap.


Un'interessante operazione di DCH, in FX, sulla quale ho lavorato in passato assisteva un'offerta pubblica di acquisto, lanciata da una societa' acquirente con moneta di conto diversa da quella in cui erano denominate le azioni della societa' target. L'incertezza sulla necessita' di conversione FX derivava da due componenti: 1) la percentuale di adesioni da parte degli azionisti, sapendo peraltro che tipicamente gli investitori maggiori attendono fino all'ultimo momento per comunicare la loro decisione; e 2) il rischio che l'operazione potesse "saltare" se le adesioni non avessero raggiunto un minimo di percentuale del capitale specificato nell'offerta pubblica. La negoziazione di un Deal Contingent Forward ha consentito all'aquirente di cautelarsi contro questi rischi e gestire il rischio FX in maniera molto efficiente in un periodo di elevata volatilita' delle quotazioni.


Ci sono anche altre situazioni in cui un Deal Contingent Hedging potrebbe rappresentare un’alternativa da prendere seriamente in considerazione, ma per il momento ritengo che gli esempi forniti possano aver contribuito a dare un’idea del cosa sia e a cosa serva lo strumento.


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