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Deal Contingent Hedging

   2. Aspetti Contrattuali tipici



Autore: Federico Bellanti

11 Febbraio 2024

La Condizionalità

Nell’articolo precedente ("Deal Contingent Hedging: Cosa è e a Cosa Serve"), abbiamo discusso delle caratteristiche principali di un DCH, sia esso di FX o di tasso di interesse). In questo post parleremo invece di alcune clausole contrattuali che sono specifiche di un DCH, e si rendono necessarie proprio per chiarire le regole gli obblighi reciproci fra le parti. E' secondo me fondamentale, quando ci si avvicina al prodotto, avere una sufficiente familiarità con clausole che definiscono in maniera molto circostanziata il venir meno, o al contrario il permanere, dell'obbligo di dare corso al derivato sottostante (uno scambio FX ovvero uno scambio di tasso fisso con variabile).


L'aspetto principale del DCH è appunto la sua condizionalità: in talune circostanze, l'operazione cessa di esistere ed entrambe le parti vengono liberate da impegni reciproci. Mentre per l'azienda cliente si tratta di un aspetto altamente desiderabile, per la banca che ha fornito il derivato si tratta di un rischio notevole, in quanto dovrà in quella situazione smobilizzare qualsiasi operazione di back-to-back (o chiamiamola pure di hedging) che avrà posto in essere per gestire il suo rischio di mercato. Se il mark-to-market di quelle operazioni fosse negativo, la banca sopporterebbe una perdita, talvolta molto consistente vista la dimensione media delle operazioni, senza possibilità alcuna di rivalersi altrove.


Per questo motivo la banca, e in genere l'istituzione finanziaria che offre operazioni di DCH, sarà molto attenta nel ritagliare accuratamente il perimetro delle situazioni che possono consentire al suo cliente di terminare legittimamente l'accordo.


Come prima cosa la banca condurrà una Due Diligence molto accurata dell'intera operazione per identificare le situazioni che possono causare il mancato successo: può trattarsi di approvazioni dell'Antitrust, di approvazione da parte dell’Autorità di Regolamentazione o di quella Fiscale, o anche dell'esito del voto dell'Assemblea degli Azionisti.


La banca analizzerà queste circostanze per determinare la probabilità che si verifichino tutte le condizioni necessarie per la chiusura favorevole dell'operazione: l'esito di tale analisi inciderà sull’appetito della banca a fornire tale forma di hedging (in genere un probabilità inferiore al 90% rende molto difficile una partecipazione), ma anche sul pricing dello strumento (minore la probabilità, maggiore il costo)


La Long Form Confirmation

Ma passiamo a vedere cosa potremmo trovare all'interno di una Long Form Confirmation (LFC), che è il testo che documenta un'operazione di DCH. Una LFC conterrà normalmente tutte le classiche clausole dell'ISDA standard, o il rinvio ad un ISDA già negoziato tra le parti: in più troveremo clausole specifiche di un DCH.


Una di tali clausole conterrà la definizione di "Completion" o se vogliamo, l’indicazione di quali sono le circostanze che impediscono la Completion. La banca sarà in genere molto riluttante a concludere un DCH laddove la completion è più o meno apertamente dipendente dall'azione o inazione delle parti, piuttosto che dovuta esclusivamente a fattori esterni. Si immagini la situazione (estrema e puramente teorica) in cui l'azienda cliente portasse volutamente al fallimento le trattative sottostanti allo scopo esclusivo di evitare di dover altrimenti dare seguito an un derivato ormai divenuto molto out-of-the-money: si tratta chiaramente di un’eventualità che la banca non può consentire.


La clausola "Fenice" (o "Phoenix" o "Lookback") si ritrova spesso nei DCH: si immagini la situazione in cui la Completion non viene raggiunta (magari a causa di un voto sfavorevole, inatteso, da parte dell'Assemblea degli Azionisti). In questo caso il DCH verrebbe meno con buona pace della banca che dovrebbe sostenere il mark-to-market del suo hedge. Se però, nell'arco di un periodo di tempo successivo, le trattative dovessero' riprendere e concludersi favorevolmente (grosso modo) come inizialmente previsto, allora tale clausola "Fenice" (proprio come l'Araba Fenice che risorge dalle sue ceneri) consente alla banca di richiedere legittimamente una compensazione per le eventuali perdite subite all'epoca.


Per assicurarsi che le parti facciano tutto il necessario per conseguire la Completion, la banca spesso introdurrà delle clausole specifiche ("High Water Clauses") che stabiliranno in modo molto prescrittivo tutte le azioni che il cliente dovrà compiere. L'intento è chiaro: la banca ancora una volta vuole evitare che il fallimento delle trattative sia dovuto al comportamento del cliente stesso. Se il cliente non dovesse rispettare quanto promesso, contribuendo così alla mancata Completion, la banca avrà diritto a rivalersi sul cliente per le eventuali perdite (sempre ammesso che l'azienda cliente non voglia dare comunque corso al derivato).


Le modifiche che potrebbero intervenire alla documentazione della transazione sottostante (si pensi al caso di un Project Financing per esempio, in cui non è infrequente la necessità di revisioni anche sostanziali prima che il Financial Package sia firmato ed erogato) potrebbero alterare le condizioni per, e la probabilità di, conseguire la Completion nei tempi previsti. Se queste modifiche dovessero rendersi necessarie nel "periodo finestra" (quindi tra la negoziazione del DCH e la data prevista di Completion) in genere si richiede che la banca, che ha offerto il DCH, venga quanto meno notificata della variazione, o, più frequentemente, che ne venga ottenuto il consenso.


Scadenza, Settlement e Controparti

Una serie di clausole molto tecniche riguarderà poi il meccanismo di Settlement, il che presuppone che l'operazione si sia felicemente conclusa e perciò la banca si appresta a dare seguito all'operazione FX o allo swap di tassi. Nel caso ad esempio di SPA (Share Purchase Agreement, quindi nel caso di trasferimento di un pacchetto azionario), il timing dell'operazione è fondamentale e dovrà avvenire entro finestre di consegna molto ravvicinate. Se c’è di mezzo una conversione FX, il meccanismo di settlement dovrà essere ben orchestrato, anche tenendo conto dei "cut-off times" di ciascuna divisa, per assicurarsi che i fondi in valuta estera arrivino in tempo al beneficiario ma allo stesso tempo il cliente abbia disponibilità della provvista (che magari dovrà essere erogata da un pool di banche finanziatrici).


Possiamo poi trovare clausole relative alla scadenza dell’operazione di DCH, clausole strutturate per tener conto del potenziale allungamento dei tempi necessari per la positiva conclusione dell’operazione principale. In talune situazioni ho osservato l’introduzione di una formula di aggiustamento (peggiorativo) del prezzo per ogni giorno di “ritardo” rispetto alla scadenza “base” presa a riferimento dal DCH: per fortuna si tratta normalmente di formule lineari (x basis points o pips per ogni giorno di ritardo) che quindi non introducono eccessiva complessità nella definizione dei profili economici del DCH.


Nel caso di DC su tassi di interesse, è importante determinare quale sarà l’entità che rimarrà controparte della banca per gli anni a venire, e potrebbe trattarsi della società progetto per un Project Financing, o per un’acquisizione finanziata a leva, la BidCo o la OpCo. 

La questione non è per nulla banale, dal momento che, a differenza di un DC FX, nel quale l’operazione si esaurisce immediatamente al momento del cambio di una valuta per un’altra, per uno swap di tassi la banca e l’azienda cliente rimarranno controparti per molti anni: considerazioni di rischio di credito, e di conseguenza di assorbimento di capitale, possono avere un impatto notevole sulla stessa fattibilità dell’operazione e, sicuramente, sul pricing della stessa.


Nella Long Form Confirmation, normalmente per operazioni di tasso e salvo che queste vengano regolate per cash al closing, troveremo quindi clausole che determinano chi rimarrà come controparte nello swap di tasso, e se esiste la necessità che la BidCo proceda ad una novation dello swap sulla OpCo, per garantire alla banca una migliore qualità creditizia evitando la subordinazione strutturale (dato che la OpCo è quella che genera i ricavi operativi e gli utili, mentre la BidCo si “nutre” esclusivamente dei dividendi dalla prima, ammesso che rimangano dopo la soddisfazione dei creditori della stessa).


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