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Deal Contingent Hedging

   4. Frequently Asked Questions



Autore: Federico Bellanti

12 Febbraio 2024

Domande Frequenti

In questa sezione cercherò di dare risposte ad alcuni dei quesiti che più spesso le aziende mi rivolgono quando si inizia a parlare di Deal Contingent Hedging. Quello che troverete nelle FAQ riflette ciò che ho avuto modo di apprendere nel corso degli anni, ma non posso garantire che le risposte siano sempre al 100% accurate, specialmente se toccano aspetti contabili o regolamentari che esulano dalle mie competenze.

  • Ci sono importi minimi per poter negoziare operazioni di DCH?

    Sì e per buone ragioni. La banca che propone un DCH deve condurre una Due Diligence molto approfondita con il contributo di vari tipi di competenze (Legale, Credito, Commerciale, Product Structuring etc.). Esistono quindi dei costi fissi elevati che, per essere economicamente giustificabili, devono poter essere recuperati con il margine applicato all’operazione. Operazioni di piccole dimensioni non potrebbero mai generare ritorni sufficienti per giustificare l’ammontare di lavoro necessario. 


    C’è da dire che col tempo questi minimi sono andati gradualmente riducendosi per tre ragioni 1. L’aumentata competizione nell’offerta; 2. La progressiva “industrializzazione” del processo nelle banche;  3. Lo sviluppo di standard nella documentazione utilizzata, il che riduce lo sforzo in fase di Due Diligence. 

    Mentre fino a una decina di anni fa non si sarebbero prese in considerazione operazioni di importo inferiore a 200mln di dollari (equivalenti), oggi già 40-50mln rappresentano un importo “lavorabile” (su FX)

  • I DCH sono solo di tipo Tutto o Nulla o possono esserci vie di mezzo?

    Tipicamente il classico DCH prevede che non vi sia Settlement se manca la Completion, come abbiamo visto nei posts precedenti. 


    Tuttavia sono sicuramente ipotizzabili strutture in cui il Settlement debba avvenire in ogni caso, ma all’interno di un minimo e un massimo a seconda di parametri definiti contrattualmente: si pensi al risultato di un’offerta pubblica di acquisto (in valuta estera) in cui non si può conoscere a priori la percentuale di adesione degli attuali azionisti, e quindi la “quantità’” di FX necessario per la conversione valutaria.


  • Posso utilizzare DCF per gestire il rischio FX di flussi commerciali?

    La domanda si riferisce alla possibilità di utilizzare il DCH per gestire rischi FX nell’ambito dell’operatività ordinaria dell’azienda. Ad esempio, una società che esporta prodotti retail, non conoscerà l’ammontare del fatturato futuro in divisa estera fino alla chiusura del ciclo commerciale e dovrà perciò basare le sue decisioni di hedging su stime interne. 


    Mentre è comprensibile come potrebbe essere utile un Deal Contingent per “azzeccare” esattamente l’importo di hedging necessario, è estremamente improbabile che qualsiasi operatore finanziario possa offrire un DCH per questa eventualità. 

    Non c’è infatti qui un evento formale, o una serie di eventi, cui collegare la definizione di Completion per cui contrattualmente non sarebbe possibile gestire efficacemente il prodotto. 

    Inoltre i volumi di vendite possono agevolmente venire influenzati dalle politiche commerciali e di pricing dell’azienda stessa, introducendo un pesante fattore di “disturbo” che rende praticamente impossibile l’accettazione del rischio da parte di una banca.

  • I DCH sono soggetti alla reportistica EMIR?

    Come la maggior parte dei prodotti derivati, anche i prodotti Deal Contingent ricadono nella normativa EMIR / UK EMIR e quindi anche a loro si applicano le regole relative. 


    Un aspetto che ha sollevato discussioni in passato è quello relativo al fatto se un DCF (quindi parliamo di FX) debba o meno essere soggetto agli obblighi di collateralizzazione e di Variation Margin (VM): l’orientamento comune sembra essere quello secondo cui, trattandosi di un prodotto che genera a scadenza uno scambio fisico di FX, allora per molti utilizzatori di DCF questo rende disapplicabile gli obblighi di cui sopra.

  • Tutte le banche (commerciali e d'investimento) possono offrire DCH?

    In linea teorica qualsiasi banca, che disponga delle normali autorizzazioni a offrire prodotti derivati, potrebbe offrire ai propri clienti un Deal Contingent Forward o Swap. 

    La realtà però ci dimostra che “farlo bene” richiede tutta una serie di strutture, competenze e abilità che di fatto rendono questi prodotti prerogativa delle sole banche di maggiori dimensioni, strutturate in modo da poterne gestire correttamente i rischi.


    Solo per citare alcune criticità:


    • La conduzione di una Due Diligence efficace, per apprezzare i rischi di mancata Completion, richiede, da parte della banca, conoscenze approfondite del settore economico in cui opera l’azienda, di chi sono i principali concorrenti, chi sono le Autorità che possono intervenire nel processo.  Si pensi ad un DCH che supporta un’OPA ostile: come farebbe la banca ad apprezzare il rischio di Completion a causa di una contro-OPA lanciata da un competitor se questa banca non conoscesse a menadito il quadro competitivo di quel settore? 
    • Oppure come farebbe a valutare il rischio di uno stop da parte del Regolatore, se non fosse più che addentro alle dinamiche regolatorie (o anche politiche) più recenti di quel settore?

    • I prodotti Deal Contingent non hanno un loro mercato in cui trovare prezzi per acquistare o vendere: tali deals quindi rimangono sul bilancio della banca. La banca ha appetito di rischio sufficiente, e capacità finanziaria di sostenere perdite anche elevate nei casi di mancata Completion?

    • La banca ha sviluppato processi interni per far sì che i suoi attori interni (avvocati, specialisti di M&A, strutturatori di prodotto, credit analysts) possano collaborare efficacemente nel brevissimo arco di tempo solitamente disponibile per svolgere tutto il lavoro necessario a produrre una proposta di DCH? Da notare che, nella mia esperienza, quest'ultimo fattore gioca un ruolo chiave nell’abilità di una banca ad entrare sistematicamente in operazioni di DCH.

  • La banca che fornisce un DCH, deve anche essere un Lender o un Advisor?

    In linea teorica non è necessario che la banca, fornitrice di DCH, sia anche un Lender (se c’è di mezzo un Financial Package) o abbia un ruolo di M&A Advisor (se si tratta di un’operazione di M&A).


    Non è indispensabile ma aiuta tantissimo!


    • Ricordiamoci infatti che la possibilità di offrire un DCH con pricing competitivo richiede l’accesso della banca alla Due Diligence completa, o alla maggior parte di essa, per poter valutare correttamente i rischi dell’operazione. Un esterno, anche se invitato dall’azienda cliente, potrebbe avrebbe accesso a tali informazioni con maggiori difficoltà rispetto ad un insider.

    • Il discorso poi si complica quando dovessero intervenire modifiche alla documentazione durante il periodo “finestra” (e cioè nell’arco di tempo fra la negoziazione del DCH e la data della Completion). In un post precedente abbiamo visto come sia fondamentale per l’hedge provider essere messo a conoscenza, e possibilmente avere diritto di “veto”, a modifiche che altererebbero le probabilità di Completion. Se l’hedge provider non è un insider nell’operazione sottostante, diventa più difficile ricavare questi diritti a suo favore.

    • Se poi si trattasse di un Deal Contingent Swap, che si trasforma in uno swap Fisso-Variabile a lungo termine, molto probabilmente si tratterà di capire come proteggere i diritti dell’Hedge Provider che non sia anche un Lender, evitando che finisca in posizione subordinata rispetto agli altri creditori.

    Come si vede, nulla di impossibile, ma ci sarebbe sicuramente tanto più lavoro per gli avvocati!


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